Arte Cinetica - Kinetic Art


Index
71 Artists profiles of Kinetic Museum
30 Artisti: foto links video – 30 Artists: pics links video
Kinetica Museum
Kinetic Architecture
International Kinetic Art Exhibit & Symposium
Data Base for Kinetic Art
Kensington Kinetic Sculpture Derby
Storia dell’Arte cinetica e programmata
Introduction to the Documentation of  Kinetic Art
History of Kinetic Art

71 Artists profiles of Kinetic Museum



Bandhu Dunham


Theo Kaccoufa
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 U-Ram Choe




 Theo Jansen


 Karina Smigla-Bobinski
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 Alexander Calder


David C. Roy
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 Heidi Kumao
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Andrew Smith


Claire Oswalt


Nemo Gould
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Mik Kastner
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Daniel Rozin
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Mark Davey
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Reuben Margolin
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 Art+Com




Mark Bischof



Eric Staller


Arthur Ganson

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David Letellier


Lin Emery
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 Ralfonso Gschwend
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Starr Kempf


Ned Kahn
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Madi Boyd



Anthony Howe


Christiaan Zwanikken
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Rowland Emett Society
http://www.rowlandemett.com/


 Kinetica Museum

Kinetic Architecture

International Kinetic Art Exhibit & Symposium

Data Base for Kinetic Art

Kensington Kinetic Sculpture Derby

http://www.edueda.net
Arte cinetica e programmata
Si sviluppa principalmente in Europa e in Italia. Negli Stati Uniti successivamente gli stessi concetti prendono il nome di Optical art o Op art.
L’arte cinetica e programmata diventa un fenomeno rilevante solo negli anni sessanta, quando l'Informale aveva ormai consumato tutte le sue possibilità ed era alla fine della sua parabola storica, ma la vera nascita di questo movimento si può individuare nel 1952, quando l’artista Bruno Munari scrive il "Manifesto del macchinismo". In tale testo egli parla delle macchine come di esseri viventi, ironizzando sul fatto che già in quegli anni se ne cominciava a prendere cura come se fossero animali domestici. Inoltre teorizza che in futuro l’uomo potrebbe anche diventare schiavo delle macchine e che gli unici che possono salvare il genere umano da questa prospettiva sono proprio gli artisti. Gli artisti secondo Bruno Munari dovevano abbandonare tela, colori e scalpello e cominciare a fare arte con le macchine. La sua profezia si avverò proprio con l’arte cinetica e programmata. L’artista deve "distrarre" le macchine dal loro funzionamento razionale, e deve farle diventare macchine "inutili": questo passaggio rivela già la poetica di Bruno Munari che realizzerà tutta una serie di opere chiamate appunto "Macchine inutili". Nella straordinaria visione profetica di Bruno Munari era già espressa l’esigenza che l’artista dovesse diventare un operatore di una squadra, che lavora insieme ad altri collettivamente e che concepisce opere d’arte lucidamente e con progetti ben definiti, doveva finire l’epoca dell’artista fulcro unico e protagonista totale dell’opera. Successivamente, negli anni sessanta, nel mondo dell’arte si sentì la necessità di trovare nuove strade espressive, che determinassero un nuovo ruolo dell'arte e dell'artista sia riguardo la scienza, i suoi metodi e la tecnologia, sia riguardo le società, che in quegli anni stava affrontando un profondo cambiamento culturale. Gli artisti riscoprirono così le teorie delle avanguardie storiche, e si proposero di riportare avanti il discorso dove esse l’avevano lasciato. Si rivalutarono così le poetiche del Futurismo e del Dadaismo, del Costruttivismo, di De Stijl, del Concretiamo e della Bauhaus. Si formò una visione profondamente critica del mercato dell’arte e del commercio delle opere e si pensò che un’alternativa potesse essere la moltiplicazione a basso costo delle opere, per farne crollare il prezzo. In questa direzione si mossero gallerie d’arte come il MAC e l’Azimuth, e quest’ultima ospitò molti tra i principali esponenti dell’arte cinetica e programmata: gli italiani Enrico Castellani, Enzo Mari, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, e fra i gruppi il GRAV, il Gruppo N, il GruppoT, il Gruppo Uno, il Gruppo Zero, che cominciano ad operare a cavallo degli anni '50 e '60. Di primaria importanza la serie di esposizioni organizzate a Zagabria dal critico Marko Mestrovic chiamate "Nove Tendencije". Ma l’esplosione dell’arte programmata si ha nel 1962, quando a Milano, alla Olivetti, viene proposta la rassegna omonima "Arte programmata". E’ proprio per quest’occasione che Bruno Munari, uno dei protagonisti di questo movimento, insieme a Giorgio Soavi inventa tale termine che darà il nome alla rassegna. Espongono il Gruppo T, il Gruppo N, Mari Enzo, Munari Bruno e il Grav (Groupe de recherche d’art visuel). A Nuova Tendenza 3 esordisce il Gruppo MID, che rimane attivo sino al 1972. Fino ad allora questa forma d’arte aveva suscitato polemiche perché considerata troppo "fredda" e tecnologica. La rassegna ebbe però tanto successo da essere ripetuta nella sede della Olivetti di New York, alla IV Biennale di San Marino (intitolata "Oltre l’informale") nel 1963 e nuovamente a New York nel 1965 con il titolo di "The Responsive Eye" Negli Stati Uniti l’arte cinetica e programmata viene ribattezzata Op art, ovvero optical art, ed in questo momento raggiunge il suo momento di fama più importante. Da allora in poi inizia per questo movimento artistico la parabola discendente. Lea Vergine, critica d’arte, afferma che proprio la sua fama è stata la causa della sua fine, poiché l’arte cinetica era diventata troppo famosa e quindi troppo banalizzata. Inoltre all’epoca stava diffondendosi ovunque la Pop art americana, che rispetto all’arte cinetica e programmata non affrontava nessun tipo di critica al sistema dell’arte, anzi, lo sfruttava fino alla conquista di tutto il mondo artistico. Nemmeno l’impegno politico, tanto importante nell’arte cinetica e programmata europea, era più importante ormai. Il mercato alla fine vinse sugli ideali. Infatti la pop art può essere vista come un’anti arte programmata, che capovolge e ferisce tutti i movimenti artistici europei. Il ruolo dell’artista ritorna centrale e così l’arte programmata, che aspirava ad un’arte collettiva, finisce nel dimenticatoio. Nemmeno l’Op art riesce a contrastare nella sua patria questa sorta di monopolio della pop art. In Italia si sciolsero tutti i gruppi importanti che proponevano un’arte collettiva, come il Gruppo N nel 1964 ed il GRAV nel 1968. La ricerca degli artisti di arte programmata si spostò sugli ambienti d’arte o "environment". Anche l’ultima avanguardia era stata sconfitta. Ma la sua eredità e le sue premonizioni sono state innegabilmente fondamentali, soprattutto se riviste oggi, alla luce delle nuove frontiere dell’arte digitale e tecnologica, che rivaluta la figura dell’autore collettivo e della progettazione dell’opera d’arte. L’arte programmata ha saputo riflettere sul progresso scientifico e tecnologico, ricontestualizzare il ruolo dell’artista, dare un nuovo rigore al fare arte e soprattutto trasformare le macchine in uno strumento di produzione estetica. Gli artisti di questa corrente si erano resi conto, inoltre, che solo con una serializzazione dell’opera si poteva contrastare il mercato dell’arte che mercifica le opere.
Poetica
L’arte cinetica produce opere che sono aperte e programmate, nelle quali il movimento è fondamentale. Il moto in tali opere può essere reale, con l’apporto di meccanismi, oppure illusorio e ottico, ottenuto tramite effetti di luce. L’opera d’arte programmata ha un suo ritmo, che idealmente può anche ripetersi all’infinito. In questo tipo di opere è fondamentale il coinvolgimento psicologico dello spettatore. Possiamo individuare alcuni principi comuni che si riscontrano nell’arte cinetica e programmata, per esempio : l’importanza della progettazione e realizzazione di meccanismi cinetici (che dotano l’opera d’arte di movimento), la rilevanza dei giochi di luce e di una dimensione temporale; l’uso di materiali alternativi come plastica, metallo, carta e vetro; la ricerca di un’estetica basata sulla razionalità e sui movimenti ciclici. La dimensione concettuale, in definitiva è determinante in tutta la poetica dell’arte cinetica e programmata. La progettazione dell’opera infatti, studiata nei minimi particolari, prevede già l’intervento dello spettatore, la possibilità di interazione di fattori aleatori o proabilistici, addirittura statistici..
Un ulteriore caratteristica di molte opere cinetiche è quella di essere replicabili, in modo simile, in varie copie (come nel caso delle sculture da viaggio di Bruno Munari) usufruendo di tecniche industriali. La creatività, in definitiva, secondo questa corrente artistica, doveva andare in parallelo con la tecnologia ed il progresso scientifico. I sistemi di produzione dovevano essere al servizio dei meccanismi creativi dell’uomo. Attraverso la padronanza della scienza e della tecnologia l’arte programmata studiava la percezione umana e poteva quindi analizzare la realtà in maniera straordinaria. La "programmazione" dell’opera dev’essere totale e controllata, non è più un’arte basata sul gesto, sulla materia, sul bisogno di espressione dell’Io, tutto questo era considerato passato. L’opera era invece considerata come un processo razionale, da controllare e da comunicare con scrupolosità. L’arte doveva avere una matrice sperimentale, costruire modelli da sottoporre a verifica empirica. La comunicazione era chiara, geometrica ed essenziale. L’opera deve stimolare la percezione visiva, renderla attiva. E soprattutto, una delle grandi intuizioni dell’arte programmata è quella di volere un artista che non sia più un romantico irrazionale ed istintivo, ma piuttosto un operatore culturale che lavora in squadra insieme a tecnici e scienziati, un attivista politico che sappia coniugare l’arte con la società. L'arte cinetica e programmata si autoimpone il rigore del fare in ambito creativo, un contatto analitico e disciplinato all'arte, che cerca di mettere insieme arte, scienza, società, artista e spettatore. Infatti l’arte cinetica e programmata è riuscita ad anticipare fenomeni che oggi appartengono alla nostra vita quotidiana, come l’invadenza della tecnologia e l’impossibilità di evitarla. Opere: Meta-matic di Jean Tinguely (1959). Quest’opera è un esempio straordinario della poetica dell’artista che ha sempre coniugato l’arte delle macchine e della cinetica con l’ironia. Meta-matic, che ebbe un grande successo in mostra a Parigi, è una macchina a gettoni che dipinge quadri automaticamente. L’interazione del pubblico era fondamentale, poiché lo spettatore doveva prima procurarsi i gettoni alla biglietteria, poi poteva personalmente mettere in moto l’opera d’arte. I gettoni erano personalizzati e "coniati" Tinguely da un lato e Meta-matic dall’altro. Il fruitore dell’opera inoltre poteva scegliere il colore del pennarello che sarebbe stato applicato sul braccio meccanico di questo straordinario congegno. Una volta inserita la moneta la macchina cominciava a muoversi e dipingeva la tela bianca che era posta nell’apposito stativo. Produceva così un quadro astratto informale monocolore che rimaneva proprietà dello spettatore. Tutti i quadri fatti dalla macchina venivano infine giudicati da una giuria di prim’ordine, con tanto di premio per il quadro vincitore. Tra i giurati era presente anche Hans Arp. Un’opera metalinguistica, interattiva, cinetica che da il via ad una performance che critica in modo beffardo tutto il sistema dell’arte. Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari. In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età. 5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc. Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer. Luce prismatica di Alberto Biasi. L’artista, uno dei fondatori del Gruppo N di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica. Camera stroboscopia di Davide Boriani. L’artista, uno dei componenti del gruppo T di Milano, allestisce un ambiente nel quale apposite luci con effetti stroboscopici si riflettono sulle pareti e sul soffitto che sono ricoperti di specchi e inoltre anche sui pavimenti colorati, dando come un senso di disorientamento allo spettatore, che è immerso in una dimensione diversa rispetto al mondo reale. Il Gruppo T è uno dei più importanti gruppi di arte cinetica e programmata italiani, si proponeva di fare arte "immersiva e interattiva" cioè, come in questo caso, un’arte che avesse l’obbiettivo di realizzare ambienti che fossero capaci di indurre nello spettatore risposte non prevedibili e diverse. Le opere del gruppo T erano dette "opere-ambiente" che diventavano "abitabili" e mutavano interagendo col fruitore dell’opera d’arte. Il gruppo era costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco. La sua attività si svolse dal 1959 ai tardi anni Settanta e seppure teorizzasse un’ideale di arte collettiva e firmasse le opere con il nome del gruppo, non rinnegò mai l’importanza dei suoi singoli componenti. Light prism di Alberto Biasi. Uno dei principali componenti del Gruppo N. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo N, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano.
Opere
Meta-matic di Jean Tinguely (1959). Quest’opera è un esempio straordinario della poetica dell’artista che ha sempre coniugato l’arte delle macchine e della cinetica con l’ironia. Meta-matic, che ebbe un grande successo in mostra a Parigi, è una macchina a gettoni che dipinge quadri automaticamente. L’interazione del pubblico era fondamentale, poiché lo spettatore doveva prima procurarsi i gettoni alla biglietteria, poi poteva personalmente mettere in moto l’opera d’arte. I gettoni erano personalizzati e "coniati" Tinguely da un lato e Meta-matic dall’altro. Il fruitore dell’opera inoltre poteva scegliere il colore del pennarello che sarebbe stato applicato sul braccio meccanico di questo straordinario congegno. Una volta inserita la moneta la macchina cominciava a muoversi e dipingeva la tela bianca che era posta nell’apposito stativo. Produceva così un quadro astratto informale monocolore che rimaneva proprietà dello spettatore. Tutti i quadri fatti dalla macchina venivano infine giudicati da una giuria di prim’ordine, con tanto di premio per il quadro vincitore. Tra i giurati era presente anche Hans Arp. Un’opera metalinguistica, interattiva, cinetica che da il via ad una performance che critica in modo beffardo tutto il sistema dell’arte. Proiezione di diapositive a luce polarizzata di Bruno Munari In quest’opera è di primaria importanza la stimolazione visiva dello spettatore che sperimenta nuovi effetti di luce e colori che nel mondo dell’arte non si erano mai visti. E’ la nascita dell’arte programmata ottica, che sperimenta nuovi materiali e nuove tecnologie per creare un nuovo tipo di estetica. Bruno Munari è uno degli autori che ha sempre cercato di usare materiali alternativi e leggeri come la plastica o innovativi come il metallo verniciato. La sua poetica risente delle teorie futuriste, corrente alla quale l’artista aveva aderito in giovane età. 5 movimenti sorpresa di Julio Le Parc Quest’opera consiste in un totem modulare con elementi motorizzati. Ogni elemento è costruito per mutare forma attraverso l’interazione con lo spettatore. Per far cambiare le cinque parti dell’opera il fruitore ha a disposizione un joystick. Questa scultura cinetica interattiva è esteticamente rilevante per la sua asetticità e per il suo geometrismo. L’artista, sudamericano, testimonia la partecipazione di questo continente a questo genere di neoavanguardia, unica eccezione dell’epoca nel panorama artistico occidentale. Quando Le Parc spiega le funzioni della sua opera, inoltre, lo fa vestito in tuta da operaio, come fecero a loro tempo anche Tatlin e i docenti del Bauhaus, fornendo così un’imagine innovativa dell’artista che è anche tecnico, progettista e designer. Luce prismatica di Alberto Biasi L’artista, uno dei fondatori del Gruppo N di Padova, realizza quest’opera dal grande impatto ottico disponendo fasci luminosi di modo che rimbalzino contro oggetti prismatici riflettendo i colori nella stanza. Quest’opera rientra in tutto il filone dell’opera cinetica e programmatica che si occupa di fare opere con la luce, immateriali e che sfruttano le leggi della diffusione e della rifrazione ottica. Camera stroboscopia di Davide Boriani L’artista, uno dei componenti del gruppo T di Milano, allestisce un ambiente nel quale apposite luci con effetti stroboscopici si riflettono sulle pareti e sul soffitto che sono ricoperti di specchi e inoltre anche sui pavimenti colorati, dando come un senso di disorientamento allo spettatore, che è immerso in una dimensione diversa rispetto al mondo reale. Il Gruppo T è uno dei più importanti gruppi di arte cinetica e programmata italiani, si proponeva di fare arte "immersiva e interattiva" cioè, come in questo caso, un’arte che avesse l’obbiettivo di realizzare ambienti che fossero capaci di indurre nello spettatore risposte non prevedibili e diverse. Le opere del gruppo T erano dette "opere-ambiente" che diventavano "abitabili" e mutavano interagendo col fruitore dell’opera d’arte. Il gruppo era costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco. La sua attività si svolse dal 1959 ai tardi anni Settanta e seppure teorizzasse un’ideale di arte collettiva e firmasse le opere con il nome del gruppo, non rinnegò mai l’importanza dei suoi singoli componenti. Light prism di Alberto Biasi Uno dei principali componenti del Gruppo N. Biasi in quest’opera crea una superficie calpestabile con luci che si rifrangono su prismi dando luogo ad un gioco di colori che da l’impressione allo spettatore di camminare su di un pavimento di luce. Il Gruppo N, così come il GRAV, percorreranno la tradizione concretista, mediante un rigoroso costruttivismo; non la rappresentazione del reale dunque ma un intervento ordinativo sulla confusione della realtà, un allontanamento per certi versi idealistico dall’entropia. Tendenza che si evince in quest’opera dalla geometria delle luci e dai geometrismi che esse formano. Spazio elastico di Gianni Colombo del Gruppo T di Milano Ambiente invaso da luci nel quale lo spettatore viene in contatto, attraversandolo, con elestici fosforescenti posti sulle pareti. In quest’opera l’ingegneria è usata per un’arte ludica. L’autore spiega che il fruitore dell’opera avrà delle reazioni fisiche in base alla sua percezione ambientale. Quest’opera richiama molte delle operazioni del Gruppo T, dove la materia sembra portata alla sua tensione massima, dove vengono sperimentate la capacità di interazione di un ambiente con l’uomo e le sue reazioni a tale ambiente. In questo caso lo spettatore deve intervenire non come semplice osservatore, ma come strumento che causa la reazione: il fruitore si muove nello spazio ed interagisce con gli eventi che lo circondano, attivandoli, mettendo a disposizione il suo sforzo fisico. Le operazioni arrivano così a lambire le poetiche della performance. Architettura cacogoniometrica di Gianni Colombo In questo environment d’artista ci troviamo di fronte un insieme di colonne storte che fanno vacillare il nostro senso dell’equilibrio e alterano la nostra percezione dello spazio. Rientrano in questa serie di ambienti anche i pavimenti, che l’artista inclina in vari modi spiazzando il fruitore dell’opera che viene chiamato ad attraversarli. Queste architetture sono dette cacogoniometriche perché l’artista ha preso due termini: kakos (brutto, difforme) e gonios (angolo) intendendo che la sua poetica consisteva nell’usare angoli che non fossero mai perpendicolari o paralleli, ma sempre acuti o ottusi. Tavola di possibilità liquide di Giovanni Anceschi (1959) L’opera consiste in un tavolo mobile nel quale è inserita un’intercapedine semovente, contenente liquido colorato, che può essere ruotata. Lo spettatore quindi, interagendo con l’opera e modificandola, può rotare la struttura e comporre diverse forme colorate liquide.
Correlazioni
Arte concettuale, Optical art, avanguardie storiche come il Costruttivismo, il futurismo, il Bauhaus, il Neoplasticismo, il Dada-surrealismo. Il design contemporaneo deve molto all’arte cinetica e programmata. Importante l’influenza di autori come Balla, Tatlin, Duchamp e Moholy Nagy. Quest’ultimo in particolare può essere ricordato come precursore in quanto creatore, negli anni venti, di un’opera chiamata "Modulatore di spazio luci", un’opera d’arte programmata ante litteram, dapprima realizzata in ferro e vetro e dieci anni più tardi in ferro e plastica. L’opera, in movimento, proiettava sulla parete giochi di luce e trasparenze come qualche decennio dopo fecero le opere di Op art.
Bibliografia
"L'ultima avanguardia. Arte programmata e cinetica 1953/1963" di Lea Vergine, catalogo della mostra, Mazzotta, Milano, 1984 Filiberto Menna, La linea analitica dell’arte moderna, Einaudi, Torino 1983 F.Popper, L'arte cinetica, Einaudi, Torino 70 Arte programmata, catalogo della mostra, Milano, 1962 Alexander Alberro, Blake Stimson, Conceptual art, a critical antology, 1999. Rudolph Arnheim, Art and visual perception, a psicology of the creative eye, 1954.
Personaggi o Gruppi
Gruppo T, Jean Tinguely, Panamarenko, Salvatore Scarpitta, Bruno Munari, Alexander Calder, il Gruppo N di Padova, il Gruppo Zero di Dusseldorf, Enrico Castellani, Enzo Mari, Gianni Colombo, Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Alberto Biasi, Getulio Alviani, Dadamaino, l'inglese Bridget Riley, l'israeliano Agam, l'argentino Soto, il Gruppo GRAV (Groupe de recherche d’art visuelle) di Parigi, Jean Pierre Vasarely, il Gruppo Uno, Julio Le Parc, il Gruppo MID, Antonio Barrese.

Introduction to the Documentation of  Kinetic Art (PDF)

http://www.theartstory.org
Kinetic Art - art that depends on movement for its effects - has its origins in the Dadaist and Constructivist movements that emerged in the 1910s. It flourished into a lively avant-garde trend following the landmark exhibition Le Mouvement at Galerie Denise Rene in Paris in 1955, after which it attracted a wide international following. At its heart were artists who were fascinated by the possibilities of movement in art - its potential to create new and more interactive relationships with the viewer and new visual experiences. It inspired new kinds of art that went beyond the boundaries of the traditional, handcrafted, static object, encouraging the idea that the beauty of an object could be the product of optical illusions or mechanical movement. But the group was split between those such as Jean Tinguely, who were interested in employing actual movement, and those such as Victor Vasarely, who were interested in optical effects and the illusion of movement and went on to be more closely associated with the Op art movement. Kinetic art thrived for a decade and achieved considerable prominence. But Op art proved almost too successful in capturing the public's imagination, while Kinetic art eventually began to be seen as a stale and accepted genre. By the mid-1960s, these developments led to a decline in artists' interest in movement.
Key Points Kinetic art marked an important revival of the tradition of Constructivism, or Constructive art, that had been a presence in modern art since the 1910s. Parts of the movement also revived its utopian optimism, talking once again of the potential for art to spread into new areas of everyday life and to embrace technology in ways appropriate to the modern world. But the movement also borrowed much from Dada, and in this respect parts of it were highly skeptical about the potential of technology to improve human life. Artists who were inspired by Dada, such as Jean Tinguely, used their work to express a more anarchic, satirical attitude to machines and movement. They suggested that rather than being humanity's helpmate, the machine might become her master. Although ostensibly fascinated by machines, some Kinetic artists developed a profound interest in analogies between machines and human bodies. Rather than regarding machines and human bodies as radically different - one being soulless and functional, the other being governed by the sensitive, rational mind - they used their art to suggest that humans might be little more than irrational engines of conflicting lusts and urges, like a dysfunctional machine. This idea has deep roots in Dada, and betrays Kinetic art's debt to that earlier movement. comment to editor
Beginnings
Early experiments with movement in art began between 1913 and 1920, led by artists of the Dadaist and Constructivist traditions. Perhaps the earliest instance of kinetic art was Marcel Duchamp's Bicycle Wheel (1913), which consisted of a wheel inverted on a stool (the piece is also recognized as the first "readymade" sculpture). In 1920, Constructivist artists Naum Gabo and Antoine Pevsner used the term "kinetic art" in their Realistic Manifesto. And, later, Bauhaus artist Laszlo Moholy-Nagy used the term "kinetic" to describe the mechanized movement of his piece Light Space Modulator (1930). Although artists used the concept of kinetics intermittently for several years, it was not until 1955 that it was established as a major artistic movement, when the group exhibition Le Mouvement was held at Galerie Denise Rene in Paris. Central to this exhibition was Victor Vasarely; his so-called 'Yellow Manifesto' was published at the time of the show and came to serve as one of the movement's founding documents. Vasarely had been trained in Bauhaus ideas and had spent many years working in advertising. The graphic designs that he had initially used in advertising formed the substance of his new style. These took the form of a grid-like arrangement of black and white that produced a flickering effect. His style quickly attracted followers such as Bridget Riley.
But other aspects of Le Mouvement, those involving real movement as opposed to optical illusions, began to attract the interest of artists across the world. This movement could be effected by air or touch, as in the case of Alexander Calder's mobiles: his Arc of Petals (1941) combines subtle lines and biomorphic forms with natural movement to examine the behavior of an object in space. Or, as was more often the case, the movement was mechanized. Nicolas Schoffer's desire to introduce a sense of dynamism to his geometric Constructivist sculptures initially involved merely lending them a complex sense of space. But he eventually introduced mechanized movement to these works, which he called Spatiodynamic sculptures, and this led to his interest in fusing electronics and art.
The Legacy of Constructivism
The Kinetic art movement emerged out of what was widely perceived as the decline of the tradition of geometric abstraction in the post-war period. A legacy of Constructivism, De Stijl, and the Bauhaus, geometric abstraction had initially been associated with revolutionary attitudes to art and society. Its austere and conceptual language of lines and flat planes, and simplified color palette, made it seem appropriate to the modern world. The philosophy that grew around it also encouraged the belief that it might provide a language in which art might filter into everyday life, decorating everything from architecture to ceramics. But as these hopes receded, geometric abstraction came to be seen as a somewhat academic art form concerned with little more than old-fashioned notions of composition.
The Kinetic art movement represented a revitalization of that tradition, by utilizing mechanical or natural motion to bring about a new relationship between art and technology. The movement introduced Kineticism across several forms of art, including painting, drawing, and sculpture, and many of its artists aspired to work with ever newer and more public media in order to bring Kinetic art to a wide audience.
The Legacy of Dada
Kinetic art also drew heavily on the Dada movement, which had inspired some of the earliest instances of movement in art, such as Marcel Duchamp's Bicycle Wheel (1913) and Roto-Reliefs (1935-65). The motivation for these was less an interest in uniting art and technology than in breaking with the conventions of the traditional static artwork. Instead of the experience of the artwork being entirely determined by the artist in advance of exhibition, Kinetic art objects suggested that movement and the viewer's own impression of that movement - something out of the artist's control - was more important. Indeed the Dada tradition brought to Kinetic art a skepticism about the value of technology in modern life. Jean Tinguely's amusing self-detonating construction, Homage to New York (1960), was typical of this skepticism, since the mechanical contraption ultimately destroyed itself in a violent performance of sound and light. Dada and Surrealism also informed the work of another prominent kinetic artist, Alexander Calder. His mobiles, such as Arc of Petals (1941), used the natural movement of the air to animate an assortment of biomorphic forms. Rather than use movement to suggest modern technology, he used it to conjure a wistful, calming mood, one that suggested a happy union of nature and humanity. comment to editor
Later Developments
The mid-1960s brought considerable acclaim to the movement and its artists. Julio Le Parc was awarded the Grand Prize for Painting at the Venice Biennale in 1966, and Nicolas Schoffer won the prize for sculpture in 1968. Galerie Denise Rene celebrated ten years of the movement in 1965 with another group show entitled Le Mouvement 2. But the perception that the movement had ceased to be radical and was beginning to be accepted by the art world establishment discouraged a new generation from pursuing it. Much of the impetus behind the movement had derived from an avant-garde spirit - on the one hand a utopian optimism that modern art might find a wider public, on the other a critical, anti-establishment ethos - and the realization that the movement was settling down to become just another successful style of art contributed to its decline. The deathblow was delivered by the huge popularity of The Responsive Eye, an exhibition concentrating on the Op wing of the movement, which was held at the The Museum of Modern Art in New York in 1965. Some critics attacked this Op work as "gadgetry" and as a collection of kitschy optical tricks whose only effect was to titillate the eye. Since that period, artists have continued to use movement in their work, sometimes in ways that betray the influence of kinetic art, sometimes not. Rebecca Horn's sculpture sometimes fuses aspects of Dada, Fluxus, and Kinetic art; her Concert for Anarchy (1990) features a grand piano suspended upside down from the ceiling, from which, every few minutes, the keys are thrust out. Yet the playground slides, carousels, and interactive sculptures created since the 1990s by Carsten Höller owe little to Kineticism, despite the importance of movement to them. Today, the Kinetic art movement seems less a pressing influence for artists than a resource for ideas.

...continua...


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